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La Cina di Xi

Si è pensato a lungo che integrare la Cina nella comunità internazionale avrebbe innescato un processo di liberalizzazione e democratizzazione. Secondo gli ottimismi occidentali, l'ingresso nell'Organizzazione mondiale del commercio (Omc) nel 2001 avrebbe trasformato la Cina in un'economia di mercato e creato una classe media, che insieme al benessere economico avrebbe cercato sempre maggiori diritti politici e garanzie democratiche.

 


Con il crollo dell'Unione sovietica furono in molti a pensare che uno Stato-Partito non fosse in grado di raggiungere una solida prosperità economica, e che per continuare a sopravvivere il Partito comunista cinese avrebbe dovuto sviluppare un modello capitalista avanzato. La Cina di oggi invece ha dimostrato che si può crescere mantenendo un sistema autoritario e che a un aumento del prodotto interno lordo non corrisponde necessariamente una democrazia di stampo occidentale. 
 

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Crescita del prodotto interno lordo di Stati uniti, Unione europea
e Repubblica popolare cinese a confronto (1960-2021). Fonte: Banca mondiale; Ocse

Dall'ingresso nell'Omc, le esportazioni cinesi sono aumentate dell'870% e la sua economia è undici volte più grande di quanto non fosse nel 2001: oggi è la seconda al mondo. 

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Questa nuova potenza economica ha permesso alla Cina di investire all'estero a un ritmo crescente e puntando a settori strategici. Con il picco di 46 miliardi nel 2016 e alcune acquisizioni di alto profilo, come quello dell'azienda tedesca di robotica Kuka, gli investimenti cinesi hanno galvanizzato il dibattito pubblico europeo sui rischi e sulle opportunità che la Cina rappresenta. 

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Al momento però "non arrivano più molti investimenti cinesi in Italia" ci dice Marco Marazzi, partner dello studio legale Baker&McKenzie, specializzato in fusioni e acquisizioni aziendali. "Nel 2021, l'Italia ha ricevuto soltanto 32 milioni, praticamente niente rispetto a quando la Cina faceva investimenti come quello di Pirelli, che da solo valeva 7 miliardi e mezzo" continua Marazzi.

 

A cosa è dovuto questo raffreddamento? "Il Covid-19 ha ristretto la mobilità internazionale e rende difficile per gli imprenditori cinesi venire in Italia. Ma c'è anche un motivo politico: gli investitori cinesi hanno capito che l'Italia non li desidera più come prima del 2019" aggiunge Marazzi. È in quell'anno che il governo italiano firmò il Memorandum d'intesa sulla Via della seta

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"Vedremo se questo trend continuerà" conclude Marazzi.  

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Valore cumulativo degli investimenti cinesi in Europa, in miliardi di euro (per paese, 2000 – 2021). Fonte: Merics & Rhodium Group, 2022.

Come evidenziato dal Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir), i capitali cinesi nel nostro paese si trovano in grande concentrazione in settori ad alto potenziale strategico, quali "energia, reti, aziende [...] innovative": società e banche cinesi detengono la maggioranza di Pirelli&Co e quote di minoranza in Ansaldo Energia, Eni, TIM, Enel, Intesa Sanpaolo e molte altre aziende italiane. L'attenzione mirata di Pechino per alcuni settori ha canalizzato il dibattito pubblico sui rischi che gli investimenti cinesi possono avere per la sicurezza economica e nazionale.

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Ma è anche alla crescente aggressività cinese sotto la guida di Xi Jinping che si deve questo maggiore sospetto. Negli ultimi anni, Pechino ha - tra le altre cose -  aumentato la sua spesa militare, costruito e militarizzato isole artificiali nelle acque del Sud-est asiatico coinvolte in dispute territoriali, inviato aerei da guerra sullo Stretto di Taiwan, organizzato un boicottaggio delle esportazioni australiane dopo che Canberra aveva chiesto un'indagine indipendente sull'origine del Covid-19.

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