Presentazione del libro Xi Jinping: Governare la Cina tenutasi il 20 settembre 2017 a Palazzo Giustiniani, sede della presidenza del Senato della Repubblica. Fonte: pagina Facebook dell'Istituto per la Cultura Cinese.
È il 20 settembre 2017 ed è un momento di grande lustro per l'Istituto per la Cultura Cinese a Roma. Il suo presidente Pietro Maran del Partito Democratico ha organizzato la presentazione del libro del Presidente della Repubblica popolare cinese Xi Jinping: Governare la Cina, ovvero una raccolta di discorsi, conferenze, interviste ed estratti di corrispondenze in cui il presidente dello stato autoritario raccoglie i principi cardine della sua politica. L'allora presidente del Senato, Pietro Grasso, presente all'evento, afferma: "Gli italiani possono trarre esempio e motivo di incoraggiamento dall'atteggiamento positivo con cui da parte cinese si guarda all'avvenire".
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L'Istituto per la Cultura Cinese conta alcune figure di spicco della politica italiana ed è stato particolarmente attivo fino alla firma del Memorandum sulla via della seta. Oggi i suoi vertici sono cambiati e l'attuale presidente è Ettore Rosato, vicepresidente della Camera dei deputati e coordinatore nazionale di Italia Viva, il quale rifiuta le nostre richieste di interviste. Non riceviamo risposta neanche dal vicepresidente Davide Antonio Ambroselli, anche lui collaboratore di Italia Viva. Proviamo infine a scrivere all'indirizzo e-mail ufficiale dell'Istituto, ma risulta ormai disattivato.
Questa realtà non è un caso isolato, negli ultimi anni è sorta una galassia di associazioni che stringono legami tra il nostro paese e la Cina.
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"[Molte associazioni italo-cinesi grazie a] vaghi appelli alla promozione dell' 'amicizia', della 'cultura' e del commercio aiutano ad arruolare figure che possono diventare strumenti anche inconsapevoli [della propaganda del Partito comunista cinese]"
Report Una preda facile, Synopis 2021
Basta inserire le tre parole chiave "associazioni", "Italia", e "Cina" sul motore di ricerca per rendersi conto che gli attori in gioco sono tanti.
Queste associazioni favoriscono importanti scambi economici e culturali tra i due paesi. Ci chiediamo però se la vicinanza a un paese autoritario come la Cina possa in alcuni casi nascondere delle criticità.
Il report Una preda facile dell'istituto ceco Synopsis dedica ampio spazio alle associazioni italo-cinesi, le quali, grazie a "vaghi appelli alla promozione dell' 'amicizia', della 'cultura' e del commercio aiutano ad arruolare figure che possono diventare strumenti anche inconsapevoli" della propaganda del Partito comunista cinese.
All'uscita del report si sono sollevate voci contrastanti. C'è chi lo ha definito "una lista di proscrizione" come Daniela Caruso, professoressa di studi sulla Cina presso l'Università della Pace a Roma, mentre diverse testate invece hanno lanciato la notizia con allarme: "Così l'Italia abbocca alla propaganda cinese" titola ad esempio La Repubblica.
Il Fronte unito
Uno dei veicoli con cui il Partito comunista cinese cerca di diffondere la sua propaganda e di espandere la sua influenza è il sistema del Fronte unito. Si tratta di una strategia nota per lo più agli specialisti e portata avanti da diversi attori che tradizionalmente agiscono nel panorama domestico cinese per promuovere gli interessi del Partito. Parte del lavoro del Fronte unito, però, si svolge anche all'estero, dove le sue attività sono motivo di crescente dibattito.
"Una componente centrale del sistema del Fronte unito sono le associazioni di amicizia con i vari paesi. Ma non solo: ne fanno parte anche agenzie, organizzazioni sociali, aziende, università, istituti di ricerca e singoli individui"
Alex Joske, ricercatore del think tank australiano Aspi
In uno dei report più completi sul tema, Alex Joske dell'Australian Strategic Policy Institute (Aspi) lo definisce come una "coalizione di entità che lavorano per raggiungere gli obiettivi del Partito comunista cinese (Pcc)".
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"Il ruolo del Pcc nel gestire il Fronte unito rimane spesso nascosto, ma questo insieme di istituzioni si espande oltre ai confini cinesi" con l'intento, tra gli altri, di "minare la coesione sociale [e] l'integrità dei media, influenzare la politica, facilitare lo spionaggio e anche il trasferimento di tecnologie senza la dovuta supervisione" si legge nel documento. Una componente centrale del sistema del Fronte unito sono le associazioni di amicizia con i vari paesi. Ma non solo: ne fanno parte anche agenzie, organizzazioni sociali, aziende, università, istituti di ricerca e singoli individui, scrive Joske.
"Il Fronte unito è una strategia che il Pcc impiegò in diverse occasioni per fare fronte comune con forze politiche diverse, quando c'erano obiettivi condivisi a breve o medio termine" spiega Daniele Brigadoi Cologna, professore di lingua cinese e istituzioni di lingua cinese all’Università degli studi dell’Insubria. "In termini più estesi, si intende per Fronte unito anche la politica di cooptazione di forze politiche diverse ma sostanzialmente favorevoli alla primazia del Pcc" continua il professore. "Nelle relazioni internazionali della Repubblica popolare, il Dipartimento per il lavoro del Fronte unito, che fa capo al Comitato centrale del Pcc, opera per creare contatti e relazioni con soggetti potenzialmente amici - o quantomeno non ostili - in altri paesi, con l'intento di promuovere un orientamento favorevole alla Cina e al Partito comunista" spiega Brigadoi Cologna.
"Oggigiorno il Fronte unito aiuta il Pcc a rivendicare la sua legittimità, mobilizza i suoi sostenitori e gestisce le possibili minacce" scrive Joske, sottolineando il suo ruolo nella gestione di dossier sensibili come quelli delle regioni del Tibet e dello Xinjiang.
“The United Front … is an important magic weapon for strengthening the party’s ruling position … and an important magic weapon for realising the China Dream of the Great Rejuvenation of the Chinese Nation” —Xi Jinping, at the 2015 CCP Central Committee's Work Conference on United Front]
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“Il Fronte unito (…) è un’importante arma magica per rafforzare la posizione dominante del Partito (…) e per realizzare il sogno cinese del grande ringiovanimento della nazione”, Xi Jinping, alla conferenza di lavoro del Comitato centrale del Pcc sul Fronte unito.
"Tutte le associazioni della comunità cinese riconosciute da consolato e ambasciata cinese vanno collegate [al Fronte unito]. In Italia ci sono più di cento associazioni della comunità cinese, solo a Milano più di 20, poi a Roma, Firenze, Prato, eccetera"
Sergio Gao Shuai, presidente dell'Associazione per lo sviluppo economico e culturale internazionale (Aseci)
Il Fronte unito cerca spesso di coinvolgere nelle sue attività anche la diaspora cinese. Chiediamo un commento a Gao Shuai, in Italia conosciuto come Sergio, imprenditore milanese di origini cinesi e presidente dell'Associazione per lo sviluppo economico e culturale internazionale (Aseci). Secondo lui "tutte le associazioni della comunità cinese riconosciute da consolato e ambasciata cinese vanno collegate [al Fronte unito]. In Italia ci sono più di cento associazioni della comunità cinese, solo a Milano più di 20, poi a Roma, Firenze, Prato, eccetera".
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"Spesso gli imprenditori membri di queste associazioni ragionano in questo modo: sono un cittadino della Repubblica popolare cinese che vive all'estero, ho un'impresa importante con alle mie dipendenze decine di persone, la maggior parte di loro sono cinesi. Ho ovviamente un ruolo sociale. Se viene riconosciuto dalla mia madrepatria sono contento" aggiunge il professor Brigadoi Cologna. "Il mandato politico di queste associazioni è interpretato con efficacia e profondità variabile a seconda della cultura personale di coloro che le compongono. Non bisogna pensare che siano completamente irregimentati dal Partito".
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Il presidente della Fondazione Progetto Italia Cina Wang Xin, in videochiamata.
Una tra le tante associazioni locali volte a incrementare scambi economici tra Italia e Cina è la Fondazione Progetto Italia-Cina di Trento, sotto la guida dell'imprenditore Wang Xin, arrivato nel capoluogo trentino per uno scambio universitario nel 2005. La sua associazione si presenta in primo luogo come una finestra tra docenti e studenti universitari cinesi e italiani per "promuovere innanzitutto nel settore culturale la relazione bilaterale tra i due paesi", ci racconta l'imprenditore in videochiamata da Chengdu, capitale della provincia sud-occidentale del Sichuan; nel concreto, però, si occupa principalmente di supportare aziende italiane che vogliono fare investimenti in Cina e di fornire informazioni sul mercato cinese e sichuanese.
Stando al sito della sua associazione, lo stesso Wang è anche membro speciale su invito della Conferenza politica consultiva cinese del Sichuan, ovvero il corrispettivo provinciale di una delle organizzazioni chiave per il lavoro del Fronte unito. Però, quando chiediamo di eventuali legami tra la Fondazione Progetto Italia-Cina e il Fronte unito, Wang Xin nega categoricamente.
Sergio Gao Shuai, presidente dell'Associazione per lo sviluppo economico e culturale internazionale (Aseci). Gao ci racconta dei suoi rapporti con il governo cinese e del Fronte unito.
Alla nostra domanda sul Fronte unito, Sergio Gao Shuai rimane in silenzio, si appoggia allo schienale della sedia e con un sorriso espira: "Io devo essere un uomo molto libero e molto internazionale". Aggiunge che sarebbe favorevole a un Fronte unito che lavori per la coesione territoriale, ma se il Fronte unito agisce prendendo il "tuo braccio e dice[ndoti] 'vieni con me', [allora] no, io devo venire con la libertà". Lo scambio culturale, secondo Gao, deve essere libero e aperto, se "uno lavora per [il] governo come ambasciatore e console non c'è più libertà".
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Con più di 100 anni di storia familiare in Italia, Gao ci incontra in completo nero e un sorriso perpetuo nell'ufficio della sua associazione Aseci a Milano. La sua avventura nelle relazioni diplomatiche, ci racconta, è cominciata quando il comune di Milano l'ha chiamato per ricevere una delegazione nazionale cinese durante l'Expo del 2016 e ha raggiunto il culmine nel 2017 quando è stato parte della delegazione che ha accompagnato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Pechino: "É stata la prima volta in Italia che un cittadino cinese [ha] accompagnato il Presidente della Repubblica" racconta con orgoglio.
"Spesso queste persone non capiscono nulla della Cina. Sono convinte di aver capito tutto di questo paese solo perché qualcuno gli ha offerto un banchetto di qua e uno di là e hanno amici con biglietti da visita altisonanti"
Daniele Brigadoi Cologna, professore di lingua cinese e istituzioni di lingua cinese all'Università degli studi dell'Insubria
L'associazione Aseci si occupa di sviluppare le relazioni economiche e culturali e, a quanto dice Gao, ha un'attività intensa: accoglie delegazioni cinesi, coordina e organizza eventi che avvicinano la comunità cinese ed italiana, e accompagna delegazioni di imprenditori e politici italiani in Cina. L'associazione sembra avere il sostegno delle autorità cinesi che a detta di Gao fino al 2021 avevano fornito un ufficio all'associazione in Cina, nonché regole semplificate per fare affari a Chengdu. Nonostante questo, Gao precisa varie volte di non avere legami diretti con l'ambasciata cinese in Italia e che i finanziamenti della sua associazione derivano principalmente dalle sue risorse personali. Quando gli chiediamo se riceva finanziamenti dal Partito comunista cinese ci risponde di no, perchè nell'ottica di voler aiutare la comunità cinese prendere soldi dall'ambasciata o dal Partito sarebbe una "vergogna".
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Alla luce delle nostre conversazioni con due imprenditori cinesi in Italia, presidenti di associazioni che collegano i due paesi, ci chiediamo quanto sia efficace il lavoro del Fronte unito nella nostra penisola. "All'interno della Cina funziona, fuori dipende dai contesti" dice il professore Brigadoi Cologna "gli sforzi ci sono e sono percepibili. Ma poi funzionano? Per ora mi pare che abbia un impatto limitato".
Propaganda inconsapevole?
Il report Una preda facile evidenzia che la scarsa conoscenza del sistema politico cinese è uno dei maggiori fattori che possono mettere le associazioni di amicizia italiane a rischio d'influenza del Partito comunista cinese. Il professore Brigadoi Cologna è d'accordo: a proposito degli imprenditori italiani che si rapportano al Fronte unito commenta:"Spesso queste persone non capiscono nulla della Cina. Sono convinte di aver capito tutto di questo paese solo perché qualcuno gli ha offerto un banchetto di qua e uno di là e hanno amici con biglietti da visita altisonanti".
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Una comprensione distorta ci arriva ad esempio da Michele de Gasperis, presidente del'Istituto OBOR a sostegno del progetto della Via della seta, che descrive l'azione del Fronte unito come "una delle pratiche più interessanti per l'espansione di un Sistema Paese". E aggiunge "mettere a sistema tutte le imprese e le personalità necessarie per ergersi a difesa degli interessi nazionali è un approccio che garantisce quella continuità e unità che a volte manca anche ai nostri comparti nazionali, spesso disgregati".
"Anche se ogni singola associazione non ha così tanto peso, l'idea del Partito è quella di creare un coro di voci favorevoli che danno supporto alle sue politiche." Mareike Ohlberg, ricercatrice del think tank americano German Marshall Fund e autrice de La mano invisibile
Il progetto dell'Istituto OBOR, sigla per 'One Belt One Road', un altro nome per indicare la Via della seta, è nato nel 2018 e oggi suona già quasi anacronistico. Il progetto della Via della seta è stato infatti molto ridimensionato dopo la pandemia. Tra i più grandi successi dell'Istituto il presidente Michele De Gasperis cita l'organizzazione della 'Belt and Road Exhibition' che definisce "il più grande evento annuale italiano ed internazionale dedicato alle relazioni istituzionali, commerciali e culturali italo-cinesi". Questo evento ha ricevuto anche l'appoggio delle varie Camere di commercio miste, che il report Una preda facile inquadra sotto l'ombrello del Fronte unito.
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"Quando manca una conoscenza approfondita" commenta l'autrice de La mano invisibile e ricercatrice del German Marshall Fund di Berlino Mareike Ohlberg "è facile diventare strumenti anche inconsapevoli di propaganda". In effetti, in alcune delle interviste svolte troviamo certe tematiche care alla macchina della propaganda cinese dell'epoca di Xi Jinping: la scomparsa della povertà, il successo del modello cinese e l'impatto positivo del Memorandum sulla via della seta. Ritroviamo questi messaggi nelle parole di alcuni intervistati.
La Fondazione Italia Cina
"È un bellissimo progetto che non è stato sempre ben capito" dice ad esempio il presidente della Fondazione Italia Cina Mario Boselli riguardo alla Via della seta. Nonostante il rallentamento dovuto a pandemia e guerra in Ucraina, "mi pare un'opportunità da cogliere, anche per l'Italia" aggiunge.
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Con più di 200 soci e sedi a Milano, Pechino e Chongqing, la Fondazione ha l'obiettivo di supportare flussi di persone, capitali e investimenti tra i due paesi. Presidente della Fondazione è dal 2020 Mario Boselli, cavaliere del lavoro e con una solida carriera alla presidenza della Camera della moda alle spalle.
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L'elegante ottuagenario Boselli ci dà il benvenuto nel suo ufficio. Dalle finestre che si affacciano direttamente sui giardini di Porta Venezia a Milano la luce illumina le pergamene con caratteri cinesi e le colorate stampe a temi floreali appese alle pareti. Dal 2017 Boselli è anche presidente dell'Istituto Italo Cinese, che lo scorso 18 maggio ha festeggiato i 50 anni di attività culturale tra Italia e Cina con un evento al Senato. L'Istituto e la Fondazione intrattengono da sempre forti legami.
Tra le associazioni che creano ponti tra le imprese dei due paesi, la Fondazione Italia Cina è una tra le più autorevoli. Sulla homepage del sito il logo della neonata Italy China Council Foundation troneggia in alto, dopo che lo scorso 28 giugno la Fondazione si è fusa con la Camera di commercio Italo-Cinese (ricordiamo come il report Una preda facile sottolinei legami tra le Camere di commercio e il lavoro del Fronte unito)[Leggi qui per approfondire sul Fronte Unito].
L'ufficio stampa della neonata associazione e l'ex segretario generale della Camera di commercio italo cinese Marco Bettin ci dicono di non aver avuto alcun legame con il Fronte unito. Quando invece chiediamo un commento al presidente della Fondazione Italia Cina Mario Boselli, ammette di non averne mai sentito parlare.
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Dalla sua creazione nel 2003 la Fondazione ha avuto un ruolo centrale nello scambio economico tra Italia e Cina. "All'epoca per avere relazioni economiche con la Cina era necessaria una relazione istituzionale: la Fondazione svolgeva questo ruolo" ci dice Filippo Fasulo, ex direttore del Centro studi della Fondazione e ora co-head dell'osservatorio di geoeconomia di Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale). Quando l'accesso al mercato cinese è diventato più semplice, aggiunge, "la Fondazione ha sviluppato una dimensione di consulenza/assistenza alle imprese in senso più generale".
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Il ruolo istituzionale della Fondazione è però tornato a rinvigorirsi sotto la presidenza di Mario Boselli. Oltre ad aver ricominciato a fare utili dopo anni di difficoltà economica, come ci spiega lo stesso Presidente, la Fondazione "ha ristabilito dei rapporti al massimo livello di grandissima cordialità e collaborazione" con l'ambasciatore italiano in Cina Luca Ferrari e l'ambasciatore della Repubblica Popolare Cinese in Italia Li Junhua, nonché con il consolato generale a Milano e altre istituzioni.
Mario Boselli, presidente dell'Istituto Italo-Cinese e della Italy China Council Foundation (già Fondazione Italia Cina). Boselli spiega la sua visione dei rapporti tra Italia e Cina, paese autoritario accusato di violazioni di diritti umani.
Abbiamo parlato anche di politica interna cinese. La sconfitta "della povertà assoluta" in Cina è un messaggio che sta molto a cuore al presidente Xi Jinping, come anche l'esaltazione degli aspetti positivi della Via della seta. Mario Boselli ce ne parla con tono convinto come della "storia clamorosa di un paese, l'unico, che abbia avuto tali e tanti cambiamenti così rilevanti in poco tempo". E aggiunge che la Cina ha sollevato milioni di persone dalla fame tra gli anni '80 e oggi, entrando nell'Organizzazione mondiale del commercio e cominciando a seguire "un percorso virtuoso di rispetto delle regole contro l'inquinamento" e "rispetto delle leggi sul lavoro", arrivando poi oggi ad essere un grande "laboratorio per il futuro".
Questa ascesa però non è stata senza costi. "L'alleviazione della povertà nella Cina rurale si è concentrata soprattutto nel supporto dell'economia locale, invece che nell'assicurazione sociale, l'educazione, e i sostegni alle famiglie” scrive Camille Boullenois su China Perspectives. Questo va a creare un sistema di gerarchie da cui è difficile uscire per la popolazione rurale. In alcune regioni, inoltre, l'alleviazione della povertà è portata avanti in maniera forzata; chi resiste è sottoposto a un'"educazione ideologica" che lo allinea alle priorità del Partito. È il caso degli Uiguri e altre minoranze turcofone dello Xinjiang, le cui violazioni di diritti umani sono ampiamente documentate da fonti come gli Xinjiang Police Files.
"Il discorso che abbiamo fatto fin qui all'insegna dell'armonia sconsiglia di affrontare temi contingenti come quelli [le violazioni dei diritti umani in Cina], ma non c'è nessun obbligo, siamo liberi"
Mario Boselli, presidente dell'Istituto Italo Cinese e della Italy China Council Foundation
Boselli però afferma che "ogni paese ha le sue peculiarità, la sua storia e la sua cultura. "Io starei attento a fare il saggio in casa d'altri, preferisco fare il matto in casa mia, per forzare un po' il concetto". Ci racconta come esempio positivo di come nel 2018 l'Istituto Italo Cinese abbia ricevuto una delegazione della China Society for Human Rights Studies (Cshrs), una delle più grandi Gongo (Organizzazioni non-governative organizzate dal governo) cinesi.
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L'attuale presidente di Cshrs è anche vicepresidente del Comitato permanente dell'Assemblea nazionale del popolo, l'unica camera legislativa della Cina. Si tratta quindi di una figura tutt'altro che super partes. "Le personalità che sono prese di mira e che non hanno alcuna conoscenza del sistema politico cinese spesso non si insospettiscono quando si trovano a interagire con delle ongo 'think tank', oppure quando vengono coinvolte in 'dialoghi' o attività di 'amicizia' organizzati dal Partito" si legge nel report Una preda facile.
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Interrogato sulla libertà di espressione della Fondazione Italia Cina e dell'Istituto Italo Cinese in tema di violazioni di diritti umani, il presidente Boselli ci risponde che entrambi godono di piena libertà. Tuttavia il concetto di armonia, su cui dice di basare la sua gestione della Fondazione, "sconsiglia di affrontare temi contingenti come quelli".
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"La Fondazione come ruolo ha quello di creare un ponte di comunicazione" in un contesto in cui manca, risponde Filippo Fasulo, ex direttore del Centro studi per l'impresa della Fondazione Italia Cina (Cesif) e ora co-head dell'Osservatorio di geoeconomia di Ispi. "Ci sono altri soggetti che si occupano di informare sulle violazioni dei diritti umani in Cina. Questo non vuol dire che non si è tenuti a sapere cosa succede, però non è quello il ruolo primario della Fondazione".
L'Associazione di Amicizia Italia Cina
"Tutto distrutto, restano i rapporti umani" racconta Irene Pivetti, parlando dell' Associazione di amicizia Italia-Cina di cui era presidente. "Ricevevamo due delegazioni cinesi a settimana quando erano poche, le facevo incontrare con 5/10 imprese italiane, e io andavo in Cina tutti i mesi. Adesso bisogna guardare in faccia la realtà, quelle cose non si possono fare più, non ci sono più lo spazio di mercato e la disponibilità culturale".
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Seguiamo Irene Pivetti nel seminterrato della cooperativa sociale Manifatture Arte e Cuoio, che aiuta persone in povertà a trovare lavoro, come lei ci racconta. In un fitto labirinto di stampe africane, ceramiche cinesi, targhe celebrative e scaffali carichi di faldoni, ci riferisce che in quegli spazi insieme a lei lavorano altre 30 persone. Alle spalle della sua scrivania campeggiano alcuni cimeli della sua vita precedente: una sua foto insieme a Papa Wojtyla, premi e targhe ricevuti da autorità cinesi e non solo. Seconda donna ad essere eletta presidente della Camera nel 1994 nelle file della Lega Nord, Pivetti diventa poi imprenditrice specializzata in import-export con la Cina, ritenta la via politica fondando il partito di centrodestra Italia Madre alle elezioni europee del 2019, e viene poi travolta nel 2020 da due vicende giudiziarie.
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"Non sto facendo la difesa del regime cinese, che si difende benissimo da solo, ma racconto quello che ho visto e che si può facilmente intuire: in un paese di oltre un miliardo di persone e con 2000 anni di storia il tema dei diritti umani esiste sicuramente, come sicuramente esiste anche in Italia"
Irene Pivetti, ex presidente dell'Associazione di amicizia Italia Cina e di Only Italia
Il marchio dell'imprenditrice Pivetti in Cina è stato dal 2011 quello della rete di imprese Only Italia, dichiarata fallita il 24 febbraio 2022 dal Tribunale di Roma a seguito del blocco dei pagamenti dovuto alle inchieste giudiziarie aperte nel 2020. Mentre i primi anni di vita di Only Italia sono stati segnati da una serie di insuccessi, Pivetti rivela cosa le ha permesso di voltare pagina: "Dopo vari tentativi fatti di alti e bassi nel mercato cinese ho capito che bisogna passare dalla politica. Il mercato cinese non esiste, esiste solo una simulazione di mercato e non accade nulla che non sia deciso dalla politica. Visto che la nostra politica è inetta avevo deciso di appoggiarmi alla loro di politica" ricorda.
Oltre al ruolo di imprenditrice, Irene Pivetti è stata per anni anche una fervida animatrice di associazioni di ponte tra Italia e Cina. Con la sua Fondazione per lo Sviluppo Italia-Cina gestiva i rapporti con le imprese cinesi su suolo italiano, come ci spiega lei stessa, mentre l'Associazione di amicizia Italia-Cina di cui era presidente puntava ad incrementare gli scambi economici e culturali tra i due paesi. Nella Fondazione perlo Sviluppo Italia-Cina non mancavano stretti incontri con la politica locale cinese e un forte supporto al progetto della Via della seta.
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Irene Pivetti, già presidente della Fondazione per lo Sviluppo Italia-Cina, dell'Associazione di amicizia Italia Cina e del gruppo Only Italia, incontra nel 2017 la delegazione economica e commerciale della città di Tianjin, nell'ambito della Via della seta. Fonte: pagina Facebook della Fondazione per lo Sviluppo Italia-Cina.
Secondo la ricercatrice di Merics Lucrezia Poggetti, l'Associazione di amicizia Italia-Cina di cui Pivetti era presidente, sarebbe collegata all'Associazione per l'amicizia del popolo cinese con i paesi stranieri (Cpaffc nell'acronimo inglese), un'agenzia di punta per le operazioni di influenza straniera del Fronte unito. È la stessa Associazione a presentarsi come "il ramo italiano" della Cpaffc; inoltre, stando a quanto rivelato nello studio di Poggetti del 2019, la ex presidentessa della Camera Pivetti avrebbe incontrato ufficiali del Fronte unito in un viaggio in Cina del 2019. Anche l'Istituto Italo Cinese nel 2018 ha rinnovato i suoi accordi con la Cpaffc.
Così, interroghiamo anche Irene Pivetti sui suoi legami con il Fronte unito. "Non saprei nemmeno se esiste, non ne ho mai sentito parlare" risponde con un sorriso.
Irene Pivetti risponde alla domanda sui rapporti con il Fronte unito e sulle possibili influenze del Partito comunista cinese.
Della Via della seta invece Pivetti parla come di come una "serissima e importante operazione" che avrebbe dato accesso privilegiato all'Italia al mercato cinese. Dopo il lockdown dovuto al Covid-19 e la polarizzazione politica a seguito della guerra in Ucraina, ci dice, "siamo tagliati completamente fuori da quel mondo".
Anche in passato Irene Pivetti aveva sostenuto il progetto della Via della seta, parlando ad esempio alla conferenza del 2018 organizzata per l'iniziativa a Chengdu, nella provincia sud-orientale del Sichuan. Questo sostegno non è passato inosservato dalla controparte cinese, sempre alla ricerca di figure estere autorevoli da usare come megafoni per la propaganda anche fuori dai confini nazionali. Come leggiamo in uno studio, nel 2019 il tabloid cinese Global Times, prodotto dal Quotidiano del Popolo del Pcc, ha pubblicato un articolo in difesa del progetto della Via della seta in Italia. Definendo la critica degli Stati Uniti "ridicola", il Global Times ha scelto proprio Irene Pivetti, fotografata mentre tiene il suo discorso a Chengdu, come simbolo del supporto di cui gode il progetto nel nostro paese.
Irene Pivetti parla al summit sulla Via della seta tenutosi a Chengdu nel settembre 2018. Fonte: Global Times (Photo: VCG).
Quando è interrogata sul tema delle violazioni dei diritti umani, Pivetti risponde con il collaudato topos del benaltrismo, menzionando altri paesi come Egitto e Libia con cui l'Italia ha stretti legami economici nonostante lo scarsissimo rispetto dei diritti umani.
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"Il tema dei diritti umani sicuramente esiste e sicuramente esiste anche in Italia" continua Irene Pivetti. Obietta però che "il progresso di un paese che ha quasi un miliardo e mezzo di abitanti e che parte da un estremo sottosviluppo non è una passeggiata. Tra l'altro si tratta un paese che si è dovuto risollevare da epoche buie".
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Irene Pivetti commenta l'intersezione tra politica e business in Cina.
Superficialmente si potrebbe pensare che amplificare i messaggi cari al Partito comunista cinese non abbia un grande impatto fuori dalla Cina. Eppure esaltare il valore positivo della Via della seta o la grandezza del modello di sviluppo cinese può comunque servire gli obiettivi del Pcc, afferma l'autrice de La mano invisibile Mareike Ohlberg.
"Anche se ogni singola associazione non ha così tanto peso, l'idea del Partito è quella di creare un coro di voci favorevoli che danno supporto alle sue politiche". Questa "impressione di un supporto diffuso è quello che il Partito [comunista cinese] cerca" secondo la ricercatrice.
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